Un viaggio di tre giorni nella capitale cipriota simbolo dell’ultima spartizione europea: greci dal lato ricco, turchi da quello povero. Ma l’identità, nonostante occupazioni e colpi di Stato che si sono avvicendati nell’ultimo secolo, è comune tra i due popoli e si chiama Mediterraneo.
Arrivo a Nicosia in un torrido pomeriggio di inizio giugno. L’autostrada che mi ha portato dal Sud dell’isola è rapida, ampia, moderna. In meno di un’ora ho percorso quasi 100 km. L’impatto con la capitale cipriota è forte, il suo sole mediorientale picchia imperterrito sul capo. Il leggero vento, e qualche nuvola passeggera, illudono che la temperatura sia più fresca, ma dopo mezza giornata mi si sta screpolando la fronte. Ho necessità di comprare un cappellino, pena l’arsura di tutto il viso, ed io ci tengo all’integrità della mia pelle.

Accompagnamenti letterari e cenni storici sull’isola (fino al 1960)
Non è stato facile trovare libri sull’isola di Cipro tradotti in italiano. Ma si sa che cercando e scovando qualcosa di buono poi vien sempre fuori, e così è stato. Non si può andare a Cipro senza avere un’infarinatura generale della sua complessa e travagliata storia, soprattutto degli ultimi cent’anni. A tal proposito è fondamentale e consigliata la lettura del libro di Rocco Aprile Storia di Ciprodella casa editrice leccese Argo, opera eletta guida letteraria-saggistica dell’articolo. Un testo breve, centocinquanta pagine, ma ben argomentato ed approfondito. Un libro ideale per chi voglia visitare Cipro conoscendone le basi del suo conflitto interno, senza eguali al mondo, e non farsi trovare impreparato nel momento in cui ci si confronterà con i locali. Ad ogni modo, anche la più accurata e minuziosa lettura del testo non riesce a sciogliere tutti gli enigmi sulla complessità socio-politica dell’isola, specialmente dal 1960 (anno dell’Indipendenza) ad oggi. Anche molti ciprioti con cui ho avuto il piacere di confrontarmi a riguardo ad un certo punto ammettono di dover approfondire ulteriormente: tra interventi del governo greco, Colpi di Stato dei colonnelli, occupazione turca del nord dell’isola, influenza decisionale britannica in ogni questione, resistenza cipriota per l’Indipendenza. Comprendere e mettere insieme tutti questi attori e fatti di storia contemporanea è impresa ardua, ma con studio e fatica si può fare ordine, almeno nel limite delle proprie possibilità.
Come tante altre isole del Mediterraneo, la storia di Cipro è un’alternanza continua di dominatori che nei secoli si sono imposti su una popolazione mite e pacifica.
I governatori e i generali romani che occasionalmente visitarono Cipro espressero la loro ammirazione per le splendide città costiere, il clima dolce, i prodotti del suolo, la naturale cortesia degli abitanti […] Le città si adornarono di basiliche cristiane, spesso costruite sulle fondamenta degli antichi templi pagani; i muri furono ravvivati da affreschi preziosi, che narravano scene delle vite dei Santi e del Vangelo; solenni icone, pavimenti a mosaico, candelabri, legni intarsiati rendevano preziose queste chiese, dove il popolo si recava a pregare.
Sono i bizantini (IV e V secolo d.c.), a seguito dei romani, a dare una forma,fondamentale tutt’oggi, alla cultura dell’isola. Grazie e soprattutto al fatto che la lingua greca cominciò a prendere il sopravvento su quella latina.
Vista la sua strategica posizione, crocevia delle rotte marine tra oriente ed occidente, per tutte le più importanti casate europee dell’epoca, l’isola di Cipro è sempre stata al centro del desiderio espansionistico nel Mediterraneo. A due passi dal mondo arabo e non lontano dalle coste egiziane, oltre alla vicinanza, sia culturale che geografica, al mondo greco-ellenistico prima ed ottomano dopo. Ai francesi con i Lusignano (1192–1489) seguì la dominazione veneziana (1489–1571), le cui mura sono ancora erette e delimitare il perimetro della capitale Nicosia, oltre ad essere una delle principali attrattive per i visitatori.
L’occupazione di Cipro da parte di Venezia rispondeva a precise necessità strategiche e commerciali. Il possesso dell’isola avrebbe assicurato alla Serenissima traffici indisturbati nell’area orientale del Mediterraneo, il sicuro e rapido rifornimento delle navi operanti in quel settore e infine lo sfruttamento economico delle risorse agricole e minerarie.

Seguirono più di trecento anni di dominio turco (1571–1878) che con gli Ottomani crearono un impero immenso che comprendeva popolazioni diversissime per lingua, civiltà, religione e costumi: dal Danubio all’Africa settentrionale, dalla Grecia al Mar Caspio al Golfo Persico. E poi arriva anche il momento della dominazione britannica (1878–1960) grazie agli accordi del Congresso di Berlino:
Questo trattato prevedeva che la Gran Bretagna sarebbe intervenuta a favore dell’impero ottomano in caso di una nuova aggressione da parte della Russia. In cambio, il sultano le cedeva Cipro in amministrazione provvisoria.
Nicosia greca
Errando
Faccio base in un appartamentino nel centro della capitale cipriota. Ad accogliermi è Renus, architetto trentacinquenne nicosiano doc che ha studiato a Londra. Con il suo studio di architettura si occupa di vari progetti di recupero urbano ed, in particolare, di ristrutturare vecchie case nel centro storico ad uso turistico mantenendo uno stile locale in armonia con la tradizione. Renus ha anche scritto un libro sulla storia dell’architettura di Nicosia, mi onora lasciandomene una copia (fotocopiata ma va benissimo) e su cui gettò subito l’occhio appena ho un attimo. Prima che il testo entri troppo nel tecnico sottolineo un passo che mi colpisce, avrei voluto tradurlo ma penso sia corretto lasciarlo così:
The Greeks, the Romans, the Byzantines, the Crusaders, the Frank, the Italians, the Ottomans and more recently the British until 1960 when Cyprus became an independent republic, have left their imprint on what we now recognize as the island’s cultural heritage. Their influence blended so well with the local element that foreign characteristics were amalgamated and transformed to such an extent that it is often difficult to identify their origins unless laborious efforts are undertaken.

Sono nei pressi di Ledra Street, il cuore pulsante dell’attività cittadina e turistica. Tutto, o quasi, gira intorno questa strada pavimentata e pedonale: dai ristoranti ed i bar alla moda, alla splendida Chiesa greco-ortodossa di Faneromeni, dallo shopping di ogni genere al check-point per accedere alla parte turca. Basta comunque divincolarsi per una cinquantina di metri verso le strade limitrofe ed inizia un’altra parte del centro, lontana dalle insegne luminose, dai negozi e dal chiacchiericcio che emanano i numerosi locali all’aperto. Nicosia è una delle città più sicure d‘Europa, nonostante la separazione dal Nord ed il confine militarizzato, non si sente nell’aria una particolare tensione. Errando per le sue strade non si percepisce alcun pericolo, anche inoltrandosi nel più stretto e buio dei suoi vicoli. E’ una città che trasmette una quiete saggia, accarezzata dai venti di tre continenti e da sguardi millenari. Ogni strada che si attraversa sembra cullare il visitatore, rasserenarlo nonostante il silenzio, dirigerlo al sentiero successivo con passo pigro. A tratti m’ha ricordato la decadenza di Atene, a tratti il Bauhaus israeliano, ma sempre su una scalfita atmosfera mediterranea.





La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.
Italo Calvino – “Le città invisibili”
Panmediterraneismo
Giro da diverse ore per le vie di questa città così peculiare. Il dolce abbandono di certi sui quartieri, tipico dei luoghi mediterranei, s’alterna alla modernità di una città in fermento e con uno spirito internazionale. L’inglese lo parlano, e bene, quasi tutti. L’impronta british sulla popolazione è rimasta viva e la si nota in molte sfumature, come ad esempio la guida a destra e le tante scuole britanniche ancora operative in città. Necessito una pausa dal perenne errare, individuo due locali che distano pochi metri l’un dall’altro: il primo è un bar alla moda un pò caffè letterario, trasmettono una canzone dei Nouvelle Vaguee provano a ricreare un’ambientazione parigina; il secondo è invece un baretto senza pretese, con sedie di plastica accatastate l’una sopra l’altra, la porta in ferro, la tenda che copre dal sole è malridotta ed a tratti squarciata, la clientela guarda svogliatamente una partita del mondiale con camicie aperte fino all’ombelico, sorseggiando birra Keo e stuzzicando olive e cubetti di formaggio. Istintivamente entro in quest’ultimo. Vengo accolto con piacevole stupore dal titolare che chiede la mia nazionalità, una persona appena sente “Italia” fa partire da youtube Mambo italiano. Inorgoglito da cotanta ospitalità rispondo mostrando le immagini della Valle dei Templi di Agrigento, la più bella città dei mortali della Magna Grecia secondo Pindaro, mettendo in risalto la vicinanza culturale di ogni luogo del Mediterraneo ed il comune ceppo greco tra la Sicilia e Cipro. L’affinità è imminente e vengo invitato a bere una birra in ognuno dei quattro tavolini del bar. C’è un qualcosa che unisce i popoli bagnati da questo mare millenario, è un sentimento profondo che si radica nelle coscienze, che accoglie e sorride al visitatore, che affronta il quotidiano con ardore e affetto genuino.




Il mediterraneo non è solo geografia. I suo confini non sono definiti né nello spazio né nel tempo. Non sappiamo come fare a determinarli e in che modo: sono irriducibili alla sovranità o alla storia, non sono né statali né nazionali. […] Sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa.
Predrag Matvejević — “Breviario Mediterraneo”
L’Indipendenza del 1960
Quando il mondo si comincia a decolonizzare, anche Cipro decide che è il suo momento. Non è semplice la questione cipriota, gli interessi inglesi sono ancora forti sull’isola per via della sua vicinanza strategica al neonato Stato d’Israele, ai giacimenti petroliferi del Medio-Oriente ed al Canale di Suez. La Grecia chiede l’annessione di Cipro sul principio dell’Enōsis (l’Unione di tutti i territori ellenici sotto un’unica bandiera) che già nel secolo precedente gli aveva riportato le isole ioniche (Creta in primis) sotto la propria sovranità. La comunità turca, il 18% della popolazione, si sente minacciata dai venti di indipendentismo ed il governo di Ankara comincia a battere i pugni sui banchi delle trattative internazionali. Nel mentre il popolo cipriota si prepara alla lotta armata e costituiva un’organizzazione segreta: EOKA (Organizzazione Nazionale dei Combattenti Ciprioti) con a capo il colonnello ultranazionalista dell’esercito greco Ghiorgos Grivas, fervente sostenitore dell’Enōsis. Dopo una sanguinosa lotta per la liberazione dai britannici si arriva alla proclamazione della Repubblica di Cipro. L’arcivescovo Makarios III divenne il primo Presidente.
La Repubblica cipriota fu proclamata ufficialmente il 16 agosto 1960. L’ultimo governatore di Cipro, sir Hugh Foot, in una cerimonia ufficiale, lesse il messaggio della regina Elisabetta, che annunciava la fine del dominio inglese sull’isola. Lo stesso giorno entrava in vigore la nuova Costituzione. In base ad essa lo Stato di Cipro diveniva una repubblica a regime presidenziale, con presidente greco e vicepresidente turco, rispettivamente eletti, a suffragio universale, dalla comunità greca e turca. Entrambi avevano il diritto di opporre il veto a qualsiasi decisione presa dalla maggioranza greca o dalla minoranza turca.

Cipro fu accolta all’Onu e divenne membro della Comunità Europea e nello stesso tempo aderì al Movimento dei Paesi non allineati, ma l’isola rimaneva una polveriera e l’Indipendenza era fragile. Il Presidente Makarios, precedentemente un sicuro fautore dell’Enōsis, preferì seguire col tempo una politica estera e un’Enōsis politicamente più moderata, col tempo sempre più protesa verso l’indipendenza che verso l’annessione. Nel mentre i Colonnelli, guidati da Papadòpulos, prendevano il potere in Grecia con un colpo di Stato militare. Vedendosi sfuggire l’annessione cipriota tentarono il colpo di Stato anche a Cipro contro Makarios nel 1974, che aveva vinto le elezioni sei anni prima con il 95% di voti.
Un biografo dell’arcivescovo Makarios enumera più di dieci tentativi ideati dopo il 1970 per uccidere l’etnarca, che ne uscì sempre miracolosamente illeso.
Il Colpo di Stato del 1974 rovesciò comunque Makarios, fedele al Trattato di Zurigo e Londra , che avrebbe dovuto garantire l’equilibrata indipendenza dell’isola. Ciò portò alla reazione del governo turco che intervenne militarmente occupando la parte nord dell’isola (argomento che verrà trattato in maniera più approfondita a seguire). La giunta militare di Atene fu colta totalmente alla sprovvista dall’intervento militare turco e si sciolse pochi giorni dopo. Il governo-fantoccio dell’isola di Cipro lo seguì rapidamente. Fu ripristinato il governo legittimo, ma Makarios III rimase nel suo esilio di Londra, tornò sull’isola solo alle fine dell’anno. Si batté, negli ultimi suoi anni di vita, per il superamento della situazione creatasi e per un ricongiungimento dell’isola. Morì nel 1977. Al suo funerale più di 250.000 persone, quasi la metà della popolazione greco-cipriota dell’epoca, sfilarono davanti al suo feretro. Dire Cipro significa anche dire Makarios III.
Il calcio come metafora sociale
Arrivando il primo giorno avevo notato un edificio dai colori accesi, giusto all’ingresso della città. Avevo subito scoperto essere un fortino dei tifosi dell’Apoel Nicosia. Decido di fiondarmici il giorno dopo.
Una grande bandiera greca dell’Enōsis è disegnata sul muro all’entrata, un gruppo di ragazzi è seduto a guardare un’altra partita dei mondiali. Con la solita finta dell’essere un giornalista chiedo se fosse possibile fare qualche domanda sull’Apoel per poterne scrivere. Vengo accolto con euforia e curiosità ed ogni mia richiesta viene assecondata, mi offrono anche una birra in lattina, molto apprezzata.

L’Apoel Nicosia è la più famosa ed importante squadra cipriota. Negli ultimi anni ha ottenuto discreti risultati anche a livello europeo: nel 2012 è arrivata ai Quarti di finale di Champions contro il Real Madrid eliminando il Lione agli Ottavi di finale. Oltre ai venticinque titoli, record nazionale, vinti.
Sono nel covo del gruppo ultras PAN.SY.FI. Fondato nel 1979, e nel cui rispetto la dirigenza della società ha ritirato proprio la maglia numero 79 (chicca!). Tifoseria nazionalista di destra, che sostiene apertamente l’idea di Enōsis, ma respinge l’associazione diretta con partiti e associazioni politiche. Anche nei gemellaggi con altre tifoserie sono abbastanza restii, ma vendono le sciarpe dell’Hellas Verona, ci tengono a farmelo sapere. Sono famosi per le coreografie particolarmente entusiasmanti e spettacolari e mi spiegano che i colori del club sono il giallo ed il blù, ma il colore degli ultrà è l’arancio. Come sia possibile questa distanza tra i colori della squadra e quella della tifoseria? La risposta ha del divertente e diversi articoli sul web confermano:
Ciò avvenne in circostanze singolari: in occasione della trasferta di Champions League contro l’AEK Atene, nel 1992, gli ultrà dell’APOEL decisero goliardicamente di indossare al contrario i propri giubbotti creando un particolare effetto visivo nel settore ospiti. Il gesto ebbe risalto, e da allora l’APOEL è associato al colore arancione, come dimostrano la gran parte del materiale indossato dai tifosi e il nome del negozio ufficiale della società (Orange store).
Da Eastjournal.net http://www.eastjournal.net/archives/77353 (articolo molto interessante per chi voglia approfondire il calcio di Nicosia)

La conversazione scorre serena, mentre pongo le domande all’interlocutore incaricato, il resto delle persone mi stanno intorno. Nessuna minaccia, ho solo dato del sale ad un pomeriggio altrimenti qualunque. Mi spiegano il significato di Apoel (Athletic Football Club of the Greeks of Nicosia), che sognano un giorno di vedere Cipro al mondiale, di giocare presto contro una squadra italiana (solo un precedente contro il Napoli in Coppa delle Coppe nel preistorico 1976), e che il miglior giocatore cipriota in circolazione è Πιέρος Σωτηρίουegioca nell’Fc Copenaghen.

Mi congedo soddisfatto dagli Ultras dell’Apoel, alla fine erano tutti dei bravi ragazzi e sono stati molto cordiali con me. Non mi importa a cosa si crede, basta essere educati. Ma è l’entusiasmo per il calcio, che trovo in molte città che visito, che mi emoziona. Collante sociale dei popoli e pacificatore di tutte le classe sociali, il football continua ad essere lo sport di riferimento del mondo. Primo sogno di ogni bambino, unica fede nella vita di un uomo a cui non si potrà mai rinunciare. Mi tornano in mente le parole di Hobsbawm ne “Il secolo breve”, dove lo storico britannico diceva che il novecento è stato il secolo dell’America grazie e soprattutto alla sua egemonia culturale sul mondo tramite la musica ed il cinema, ma c’è una cosa in cui gli americani hanno fallito clamorosamente: i loro sport non li segue nessuno. Lo sport mondiale è stato, è e sarà sempre il calcio.
Nicosia turca
La Repubblica Turca di Cipro Nord (RTCN). Fondamentali cenni storici.
Il 14 agosto del 1974 il governo turco decise di invadere la parte Nord di Cipro con l’operazione Attila, a seguito del colpo di Stato dei Colonnelli greci per ribaltare il legittimo governo di Makarius. Il caos che si scatenò sull’isola creò le condizioni ideali per occupare, in maniera pressoché indisturbata, la parte settentrionale di Cipro da parte delle truppe di Ankara. Le conseguenze furono devastanti:
Circa un terzo della popolazione totale, cioè quasi 200.000 Greco-ciprioti, furono costretti ad abbandonare case e terre che appartenevano da secoli alla comunità greca, mentre decine di migliaia di Turco-ciprioti lasciavano villaggi e città della zona meridionale e si trasferivano nella parte dell’isola conquistata dalle truppe turche[…] Così, con l’assurda pretesa di proteggere la vita e gli interessi della minoranza turca, che ammontava al 18% della popolazione totale dell’isola, si sconvolgeva dalle radici la vita, l’esistenza, l’economia, l’avvenire stesso dell’isola. […] Le forze armate turche occuparono la parte dell’isola più fertile e più ricca di acque, per cui, pur impadronendosi del 36,4% del territorio, in realtà si impossessarono di oltre il 50% della produzione agricola e ortofrutticola.
Ad ogni modo, l’effetto più tragico dell’invasione turca fu l’imposizione di una linea di demarcazione che taglia in due l’isola, attraversa il centro di Nicosia (la cosiddetta green line) e ne fa l’ultima capitale del mondo divisa.
Le sue strade furono divise in due da orribili barricate, sacchi di sabbia e filo spinato, impedendo il libero movimento dei suoi cittadini, distruggendone l’economia e cambiando, per sempre, il carattere originario di Nicosia.
Renos Costantinou – “Architecture in Nicosia”
(Dal 2003 è stata comunque ridata la possibilità a tutti i cittadini dell’isola di muoversi liberamente tra le due parti).
Negli anni successivi all’occupazione il governo di Ankara provvide al trasferimento di migliaia di coloni e pastori dell’Anatolia nella Cipro occupata, col chiaro intento di modificare il carattere demografico dell’isola. I turchi introdussero anche la lira turca come valuta legale nell’aria occupata e l’istituzione di una Banca centrale turca, al fine di consolidare l’annessione della parte nord dell’isola.
Il 14 novembre del 1983, il leader politico della minoranza turca Denktash, dichiarava la nascita di uno Stato separato, denominato “Repubblica turca di Cipro del Nord” (RTCN). La Turchia riconobbe subito il “nuovo Stato” e si impegnò ad assisterlo. Ma tutte le organizzazioni internazionali e tutti gli altri Stati condannarono questa mossa e considerarono illegale la creazione del nuovo Stato.
Ad oggi lo status giuridico della RTCN non è mutato. Nessuno Stato al mondo, eccetto la Turchia, la riconosce.

Check point e Lefkoşa
Dal 2008 è stato aperto anche il primo check point, attraversabile solo a piedi, all’interno del centro storico della capitale. Direttamente da Ledra street in pochi minuti si arriva ai controlli passaporti (per i cittadini Ue va bene anche la carta d’identità). In pochi decine di metri si passa dalla modernità della parte greca agli anni cinquanta della parte turca. La prima zona della Turk’s part è abbastanza turistica, vari gruppi di visitatori vagano per il mercato che ricorda, per forma e composizione, il Grand Bazar di Istanbul. Si trovano diversi ristoranti e negozi di souvenir, è possibile visitare la magnifica Moschea di Selimiye. Inoltrandosi poco oltre, inizia un altro mondo. Cambia l’atmosfera, l’architettura, i costumi. Le strade cominciano a mostrare la propria incuria, donne velate attraversano i vicoli, alcune carcasse di macchine sostano ai bordi delle strade. Le porte delle case sono aperte, le scarpe lasciate a ridosso dell’entrata. Panni stesi all’esterno altezza strada, bandiere turche e iconografie di Erdoğan fioriscono come gigli, bambini si rincorrono in bici con la maglia del Galatasaray. Molti edifici sono fatiscenti, tanti palazzi in rovina. Lefkoşa, il nome turco di Nicosia, è così.



Per un paio d’ore vago per queste strade in solitaria, cercando di rimanere impercettibile. Sarà pure arretrato il nord turco rispetto alla parte greca ma un sentimento di commozione mi invade i sensi quando sento il richiamo alla preghiera del muezzin che si propaga nell’atmosfera. In qualche strano modo percepisco una spiritualità persa dall’altro lato, c’è più silenzio per le strade ma anche più bambini che giocano, più madri che cucinano, un maggior senso di comunità è tangibile.
Entro in un piccolo alimentari per prendere dell’acqua. Ho gli euro con me ma il negozio accetta solo lire turche. Deluso lascio la bottiglia sul tavolo dicendo che non posso pagarla, il ragazzo alla cassa me la regala, provo a dargli qualche euro ma non ne vuole sapere, mi dice che non può usarli. Questa, penso, si chiama Umanità e molto di rado ho ricevuto un gesto così spontaneo da uno sconosciuto nell’Occidente “sviluppato” in cui vivo.



Rado i muri della città, sento gli occhi addosso dei suoi abitanti, ma è solo una sensazione. Nessuno mi disturba, nessuno mi presta particolare attenzione. Ogni tanto mi capita di incrociare uno sguardo locale, ma è solo un attimo. Proseguo per la mia. Entro in una sorta di bar, gruppi di uomini giocano a qualcosa che non so identificare, bevono caffè turco ed ammazzano così il tempo. Ne prendo uno pure io, mi siedo, fumo, osservo senza essere invadente. Mi tornano in mente le parole lette in un libro magico poco tempo fa:
Non avere niente, non essere niente. Chi vuole vedere deve farsi quasi invisibile. Chi vuole ricordare deve vivere inosservato e dimenticato.
Thorkild Hansen – “Arabia Felix”



E’ sempre azzardato emettere giudizi sulla storia troppo sbrigativi. Anche informandosi molti aspetti rimangono difficili da comprendere appieno. Tutte le notizie che ho appreso in questo periodo su Cipro Nord hanno provato a descrivermelo come un luogo arretrato, povero, illegale, il “male”. Probabilmente sarà vero ma a me, anche se sono stato poco, non è dispiaciuto. Ne ho apprezzato il contrasto con il Sud occidentalizzato, la voglia di mantenere viva un’identità, l’aspirazione a sentirsi diversi ma vivendo la medesima terra, senza omologarsi al globalismo glamour del mercato. I turchi sono stati su quest’isola per più di tre secoli fino al 1878, ricordiamolo. Cipro è molto più vicina alle coste turche che a quelle greche. E’ Asia. Li si accusa di avere ottenuto troppo per essere meno del 20% della popolazione. Ma questa, piaccia o meno, è anche la loro terra ed hanno tutto il diritto di viverci secondo le proprie tradizioni. Non sono invasori, sono abitanti di quest’isola, tanto quanto i greci. Anch’essi sono mediterranei e tutti i popoli di questo mare devono tendere a vivere in pace tra di loro per l’eternità.
Lo Stato turco-cipriota esiste e vive nella sua soggettività giuridica, nella sua sovranità politica e nella sua indipendenza esterna non già perché “riconosciuto”, ma in quanto Ente capace di realizzare, attraverso le sue Istituzioni politiche e democratiche, una effettiva ed esclusiva capacità di governo e di controllo del suo territorio definito da frontiere politiche certe e militarmente garantite. Si tratta di uno Stato che vive in quanto Ente collettivo capace di “azionare” l’ordinamento giuridico internazionale perché direttamente titolare di diritti e destinatario di obblighi; in quanto Ente collettivo politico di forma e contenuto statuale, le norme del suo ordinamento giuridico entrano inevitabilmente in gioco nel sistema e secondo le regole del diritto internazionale privato per quel che riguarda i rapporti inter-soggettivi tra persone fisiche e giuridiche.
2013 – Augusto Sinagra, Professore ordinario di Diritto dell’Unione Europea presso l’università La Sapienza di Roma. Articolo per approfondire https://www.eurasia-rivista.com/trentanni-di-repubblica-turca-di-cipro-del-nord/

Nicosia mediterranea
Un incontro
E’ mattino. Ultimo giorno a Nicosia. Tornato nella parte greca provo a mettere ordine alle idee. E’ necessario nutrirsi bene per ragionare bene, disse il saggio. Entro in una sorta di forno/bar. Il titolare ha una classica faccia da pizzaiolo egiziano con la maglia bianca ed i pantaloni a scacchi da cucina, bassino e con un aurea allegra. Prendo una specie di fagottino con delle verdure. Chiacchieriamo. E’ siriano, si chiama Mohamed, è arrivato qui nel 2014, scappava dalla guerra.
Non ce ne si rende conto facilmente, ma l’isola di Cipro dista solo venti minuti d’aereo dalla Siria, poche centinaia di miglia via mare. Come si suole dire: a due passi! E’ il più vicino paese europeo per chi scappa dal conflitto che sta martoriando la Siria dal 2011. E la guerra non è solo quella che i media, di regime e non, ci narrano quotidianamente. La guerra sono i racconti di Mohamed, le sue testimonianze, i suoi occhi che si riempiono di passione quando parla. Nel suo piccolo paesino al confine con la Turchia vivevano circa quindicimila persona all’inizio della guerra. In pochi anni ne sono morte più di un migliaio, molti dispersi, tanti sono fuggiti. Non ci sono più regole in Siria mi dice. Ti sta antipatico qualcuno, gli vai a sparare. Non hai bisogno di affiliarti a nessun gruppo armato. Anzi, se ti va ne puoi creare anche uno tu, oggi stesso se ne sei in grado, lo fanno tutti mi dice. Mi racconta che prima dell’inizio della guerra se per caso un automobilista investiva un gatto, scendeva dalla macchina lo prendeva e gli chiedeva scusa e perdono per l’errore. Adesso la gente ammazza serenamente e va a dormire senza nessun senso di colpa. Mohamed adesso vive qui a Nicosia e si trova bene, si è sposato ed ha un figlio. Sogna un giorno di ritornare nel suo paese a vivere vicino la sua famiglia ed il suo popolo. Io gli auguro tutto il bene possibile. Lo saluto con affetto. We lost our mercy mi dice mentre vado, we lost our mercy!

Kostas Mondis
La letteratura greca di oggi è poco conosciuta fuori dal mondo ellenico. Ancorati perennemente ai classici dell’antica Grecia, perdiamo il contatto con la contemporaneità di una cultura che si evolve continuamente ed esibisce autori di alto prestigio. In Italia la casa editrice EmmeTi è una delle poche che si propone di portare al nostro pubblico autori greci contemporanei. Ho accompagnato il mio viaggio a Cipro anche con la lettura de Il vicino di casa. Racconti greci contemporanei.Una raccolta di ventotto racconti di autori di lingua greca, gli ultimi sette dei quali sono autori ciprioti e trattano temi cari all’isola come la lotta d’Indipendenza contro gli inglesi ed il viver quotidiano nei campi. Tra questi autori svetta di gran lunga Kostas Mondis, all’unanimità riconosciuto come il più grande poeta cipriota d’ogni tempo. E’ stato un patriota esemplare, partecipò alla lotta di liberazione, e fu fervente sostenitore dell’Enōsis. Definito il poeta «più socratico» della letteratura neogreca, fu anche candidato al Nobel nel 1984. La sua opera apre squarci di saggezza che illuminano il divenire, la lotta per la libertà di un intero popolo, la fatica insita nella condizione umana. Eccone una breve biografia concessaci da Maurizio De Rosa, traduttore italiano del grande poeta greco-cipriota:
Nacque nel 1914 a Famagosta di Cipro. Si laureò in Legge all’università di Atene, e dopo il suo ritorno all’isola natale svolse la professione di impiegato, di giornalista e di insegnante. Fu tra i fondatori del primo teatro di Cipro e ricevette molti riconoscimenti per la sua attività letteraria, in cui esplora la tormentata storia della sua isola. Tra le sue opere si segnalano: Attimi (1958), Integrazione agli attimi (1960), Lettera alla madre e altri versi (1965) Cipro in Aulide (1976). E’ morto a Nicosia nel 2004.

Poeti greci
Pochissimi ci leggono,
pochissimi conoscono la nostra lingua,
nessuno ci apprezza nessuno ci applaude
relegati in quest’angolo di mondo.
In compenso pero’ scriviamo in greco.
Cipro e l’Unione Europea
Dal 1° maggio del 2004 Cipro è entrata a far parte dell’Unione Europa. Dal 1° gennaio 2008 l’Euro è la moneta ufficiale dello Stato cipriota. A distanza di dieci anni dall’ingresso del paese nella moneta unica, come stanno andando le cose? Ho chiesto in giro e le risposte all’incirca sono state più o meno le stesse. Da un lato i ciprioti si sentono maggiormente tutelati per la questione turca e da una potenziale seconda occupazione; la burocrazia sembra essere diventata più efficiente ed il turismo è all’apice grazie ai tanti voli ed alle molte rotte nuove aperte. Dall’altro lato c’è stato un incredibile crollo economico; la lira cipriota era una moneta forte, a volte anche più forte del pound inglese. Non c’erano poveri, la classe-media manteneva viva l’economia. Chiunque poteva comprare una casa, tutti avevano un discreto salario e si viveva bene. Dopo l’ingresso in Ue tutto è divenuto più arduo, la vita è diventata sempre più cara mentre i salari non sono aumentati. Molte piccole e medie imprese hanno chiuso, i ricchi sono diventati sempre più ricchi, la classe-media è diventata povera. E’ aumentata la disoccupazione e la gente ha ricominciato ad emigrare.
E’ una storia che sembra ripetersi in ogni paese mediterraneo dell’euro-zona. Non c’è dubbio che l’Unione Europea sta attraversando un periodo di crisi di valori senza eguali. E’ sempre più palese che l’iniziale strumento di pace si sta trasformando lentamente in uno strumento di controllo finanziario delle élitedi Bruxeless. I cittadini europei ne stanno prendendo sempre maggiore coscienza. Vedono l’arduo quotidiano, provano sulla propria pelle le difficoltà a costruirsi una vita normale (lavoro stabile, salario decente, casa di proprietà, famiglia), non credono più alle menzogne degli organi d’informazione assoggettati al potere finanziario. O si torna a dare un valore culturale e politico all’Unione o il futuro si complica. Le cose stanno cambiando, e molto repentinamente.
La grande illusione di unificare l’Europa partendo dall’unione monetaria,
sta manifestando tutta la sua inconsistenza. L’UE in realtà fomenta
i crescenti riflussi nazionalistici, perché non si possono unire i popoli
solo sulla base di interessi economici, altamente conflittuali di per sé,
e alla fine a beneficio di poche nazioni egemoni. L’economista Nicholas Kaldor lo aveva predetto già nel 1971: “è un errore pericoloso credere che l’unione monetaria ed economica possa precedere un’unione politica”. Lo si sapeva cioè, molti lo sapevano benissimo dove stavamo andando. Perciò se vorremo ripensare un’Europa dei popoli, una unione che rispetti le diversità, quel pluralismo culturale, che ha fatto dell’Europa un fenomeno unico e così potente, dovremo rovesciare il primato dell’economia e individuare ciò che ci unisce senza omologarci, quello spirito che da Machiavelli a Voltaire, fino a Mazzini o a Giovanni Paolo II, costituisce l’anima di tutti i nostri popoli.
Perché l’anima sola unisce senza appiattire, mentre i portafogli
dividono omologandoci nella forma tristissima e famelica del consumatore.
Marco Guzzi, poeta e filosofo. In “Darsi Pace” 21/06/18 https://www.facebook.com/darsipace/photos/a.1503784483217985.1073741826.1503784433217990/1999491546980607/?type=3&theater

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