Il maestro Naipaul affronta, in quest’opera magnifica di più di cinquecento pagine, la storia recente delle popolazioni di quattro grandi nazioni convertite all’Islam (Indonesia, Iran, Pakistan e Malesia) ed il ruolo negazionista che ha avuto, secondo l’autore, la fede musulmana nel non riconoscere il valore e l’esistenza di civiltà che hanno preceduto le rivelazioni del Corano.
Naipaul, il profugo permanente
Un libro-reportage di un grande maestro della letteratura mondiale: Sir Vidiadhar Surajprasad Naipaul, premio Nobel nel 2001, scrittore dalla personalità globale ed allo stesso tempo senza radici, caraibico di genitori indiani e naturalizzato britannico, lui stesso si definisce un “profugo permanente”.
Scrittore scomodo, spesso tacciato di fomentare lo scontro di civiltà, criticato da molti grandi intellettuali con attributi come “avvoltoio” (Edward Said) o “Signor Crepuscolo” (Derek Walcott), la sua opera rappresenta comunque un punto di vista unico ed anti-convenzionale sull’Islam e sul mondo contemporaneo in generale. Andando direttamente nei luoghi descritti affronta temi sociali, religiosi e politici, che denotano un coraggio ed una ricerca sul campo che gli valgono il riconoscimento, a gran merito, di essere uno dei più grandi scrittori del nostro tempo.
Una visione alternativa sui luoghi dell’Islam
Il libro si sviluppa nel viaggio che affronta Naipaul tra il 1995 ed il 1997 in questi quattro grandi paesi musulmani non arabi. Ripercorrendo lo stesso itinerario che fece anni addietro, nel 1979, ed evidenziando le differenze che nota il suo occhio ed il suo spirito a distanza di poco più di quindici anni. Si tratta di mutamenti notevoli dovuti ad eventi politici e religiosi che lo scrittore espone attraverso centinaia di interviste a persone in loco che parlano della loro storia individuale e familiare, andando a ritroso nel tempo ed estrapolando un’infinità di micro-storie che danno all’opera un tono planetario ed un arricchimento antropologico di notevole prestigio. È impressionante la quantità di gente, di ogni estrazione sociale, che viene intervistata: dal grosso immobiliarista indonesiano, al nomade pakistano, al soldato iraniano, al santone malesiano. E’ una finestra totale su questi luoghi così diversi tra loro per storia, economia e paesaggio, ma accomunati dalla stessa fede. È una lettura obbligatoria per chi vuole visitare questi paesi e comprenderne la situazione socio-politica e culturale sviluppatasi principalmente nell’ultimo secolo.
Capire l’Islam lontano dalle terre d’Arabia
L’opera è spesso annoverata nella letteratura di viaggio: va a scovare nei luoghi più remoti del pianeta le sensazioni più profonde delle popolazioni locali. E’ un volere capire più approfonditamente cosa significhi Islam lontano dalle terre d’Arabia, è un lasciarsi trascinare nella visione di luoghi e persone che sembrano entrarti nel sangue e prendere a schiaffi le tue conoscenze frammentarie su ciò che è lontano da noi. Questo libro non è un romanzo, non è un saggio politico, non è un diario di viaggio, diciamo che per apprezzarlo bisogna che piacciano tutti e tre questi generi, amalgamarli tra loro e solamente allora potremmo identificare una nuova idea di opera.
Persone e luoghi indimenticabili
Alcuni tratti del libro, i personaggi ed i luoghi descritti, rimarranno impressi per molto tempo nelle mente del lettore. Come uno dei primi protagonisti dell’opera nel capitolo Indonesia, che Naipaul rincontra a distanza di sedici anni. Un professore universitario che, intervistato dallo scrittore nel 1979, era appena uscito da sei mesi di carcere con l’accusa di fomentare il fondamentalismo islamico. Nel 1995 invece conduce un programma televisivo nazionale sulla religione musulmana, che in questo arco di tempo è passata da essere una forza spirituale, come ve n’erano altre, ad uno strumento di potere per il controllo delle masse, necessaria ad accompagnare lo sviluppo tecnologico del paese.
O come l’incredibile viaggio in giornata a Qom, la città sacra dell’Iran a poche ore di macchina dalla capitale Teheran, dove Naipaul va incontrare “Il punitore”: l’ayatollah Khalkhalli, giudice-boia della rivoluzione del 1979 che aveva condannato e fatto gettare in fosse comuni centinaia di oppositori politici. Uno dei bracci destri più fedeli a Khomeni, che ormai la rivoluzione stessa, nel 1995, aveva messo da parte da molto tempo come esponente delle vecchia cricca ma che ancora aveva molta influenza negli ambienti teologici.
Ho riflettuto che le ideologie sono solo una minima parte del nostro intelletto in grado di aiutarci nella vita. La fonte principale risiede nel modo di pensare che ci viene trasmesso dalla nostra cultura e nel comportamento spontaneo di persone come mia madre. La rivoluzione per cui mi sono prodigato non teneva conto né di me come intellettuale, né di mia madre come persona.
Paydar (uno dei personaggi del capitolo sulla Rivoluzione iraniana.)
O ancora il capitolo sulla guerriglia del Belucistan, la più grande provincia del Pakistan: desertica, quasi disabitata, dove la popolazione, scarsa ed arretrata, era in buona parte nomade e lo studente marxista Shahbaz, che ne abbraccia la causa indipendentista, va a combattere con loro per dieci lunghi anni tra le montagne e paesaggi lunari.
Una passione: il mondo. Una missione: la verità
È una lettura per appassionati del mondo e delle sue più infinitesime sfumature. E’ una lettura sull’Islam e sulle sue influenze su popolazioni così diverse da quelle dove la religione del Profeta nasce e si sviluppa. L’autore pone l’accento sul fatto chenon viene ammesso il passato pre-islamico di questi popoli. Affermazioni forti ma comunque sorrette da analisi concrete e profonde. Si potrà essere in disaccordo, e questo è il bello di un confronto intellettuale, ma solo dopo averne letto il testo e studiato a fondo le tematiche. Emettere giudizi a priori su un’opera senza conoscerla è sempre azzardato e non rispettoso nei confronti dell’approfondito lavoro altrui.

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