Nato sotto la protezione di un Dio sumero-babilonese, cresciuto in una Palermo infarcita di simbologie mistiche e sfumature esoteriche, il debutto letterario di Vincenzo Profeta, artista palermitano classe 1977 fondatore del Laboratorio Saccardi, tra i collettivi artistici più importanti e attivi a livello nazionale, avviene a gamba tesa tramite un flusso che trent’anni fa si sarebbe detto psichedelico e che oggi può essere identificato in una scrittura di rottura, spregiudicata e scabrosa a tratti, in grado da un lato di risvegliare le coscienze tramite una libertà di pensiero rara in quest’epoca di politicamente corretto, dall’altro con la consapevolezza di attirare a sé critiche feroci da un’élite intellettuale che difficilmente potrà accettare la sua maniera di esprimersi, mettendo nero su bianco pensieri fuori dall’orbita del perbenismo e lasciando andare le proprie credenze in maniera così viscerale. Ma Vincenzo Profeta è prima di tutto un grande artista polivalente, la sua scrittura sembra più una tela di Kandinsky riportata in lettere, dà l’impressione di parlare più all’anima che al cuore dei lettori e, cosa più importante, non è catalogabile a nient’altro nel panorama editoriale italiano. Il suo non è un genere, probabilmente non è neanche un libro nel senso più stretto del termine. È una sorta di coscienza che si autopone e che accosta, a una scrittura vorace e inafferrabile, una grafica ipnotica che fa diventare La Palermo male il primo libro dove l’impaginazione diventa se stessa opera d’arte. Enciclopedico nelle conoscenze del misticismo e della sacralità, capace con il suo flusso di cogliere tutti gli aspetti più rilevanti della società contemporanea e in particolare di quella palermitana, dall’immigrazione ai social network, dalla perdita della spiritualità alle critiche feroci al mondo arcobaleno, dalla solitudine del cittadino globale alla Palermo che muta dalle stragi del ’92 ma che rimane sempre legata alle sue simbologie millenarie. Artisticamente sembra un figlio mancato di Ciprì e Maresco o un evaso dalla generazione Mary per sempre di fine anni Ottanta; ne ha per tutti e per nessuno, blasfemo e divino allo stesso tempo, una ventata di nitroglicerina letteraria di cui la Sicilia aveva pienamente bisogno. Comprate La Palermo male, leggetela con irruenza, apprezzata la libertà di pensiero di Profeta, caratteristica molto rara nella contemporaneità di cui siamo parte, non giudicate le sue parole, lasciatele entrare in voi come quelle di un amico che non la pensa come voi ma che stimate, difendete la libertà d’espressione, non fate gli Inquisitori, non capita spesso di leggere un libro scritto da un malware e, da parte di chi scrive questo articolo, di intervistarlo. Buona lettura!
Cos’è La Palermo male e come nasce l’idea di quest’opera?
È un po’ complessa come domanda, ancora non lo so neanche io, il libro, il primo che ha scioccato sono stato io, ancora non mi sono ripreso, tutto è partito perché diciamo che è nata un amicizia tra me e l’editore, lui ha letto delle cose che scrivevo, ed abbiamo deciso di provare a fare un libro, in realtà io scrivo da sempre, il libro in fondo era nell’aria, idea… non so umh… non parto da idee. Parto dalle cose che sento in genere dentro di me, e cerco di esprimerle.
In una recente intervista hai detto che il tuo libro si può leggere anche come una Bibbia, senza un ordine prestabilito e aprendo una pagina a caso ogni giorno, cosa intendevi dire?
Proprio questo, che l’ordine di lettura non è una cosa che mi piace e pratico, trovo noiose le trame lineari o logiche, o i ragionamenti anche nei saggi, mi sembra di raccontare delle favole ad un pubblico di idioti. I romanzi mi annoiano molto, certo Tolstoj, i classici, sono il meglio, ma letti il giusto e quelli che ti servono, molti libri sono inutili, poi basta, davvero basta, troppi romanzi in giro.

Non pensi che le posizioni politiche che esprimi nel libro, oltre al linguaggio che a tratti adoperi, ti possano creare la terra bruciata intorno?
No lo so, io ho pochi e selezionati amici, che durano negli anni, poi le posizioni politiche dell’io protagonista, non coincidono tutte con le mie, insomma quel personaggio è un po’ la mia bad company, sono io cattivo diciamo….ecco, scorretto và….e poi confido nella maturità della gente, che si sappia che c’è molta fantasia in quel personaggio disilluso, poi ho giocato a violare ogni regola ed a caricarlo, perché il politically correct, è davvero una nuova dittatura mediatica.
Il tuo flusso è ardente e infocato, avvolge tutto come la lava di un vulcano, a stento il lettore riesce a starti dietro ma alla fine il tutto ha un senso e quadra perfettamente nella mente di chi ti legge. Dove vuoi, o vorresti, portare il lettore di La Palermo male?
Voglio portarlo nel suo angolo più buio, nel punto più oscuro del suo animo, e farlo riflettere, sul disastro davanti ai nostri occhi, perché c’è molta responsabilità nostra in questo incubo che stiamo vivendo tutti, se il mondo è oggettivamente una merda, cioè non il mondo, la nostra società, perché il pianeta se ne strafotte di noi, per fortuna. Ci sono delle chiare responsabilità, e noi tutti siamo un po’ colpevoli.
Perché dici di essere troppo romantico per vivere?
Bhe quello lo dice il mio personaggio, non io, io sono mediamente romantico, certo se mi piace una donna tendo al romanticismo, ma sono così anche con un libro, o un fiore, o una bella giornata, diciamo che era per dire che sono sensibile, e che chi è sensibile spesso, sembra strano, oscuro, recondito, incomprensibile alla vita, ma rimane il fatto che questa cosa che hai estrapolato, era per quel tipo di emozione nel libro, ma è la vita ad essere un po’ stronza, con noi sensibili dai.
Palermo la tua città, patria di scrittori sublimi e fonte inesauribile di creatività. La descrivi in una maniera sospesa tra l’agnostico e il sacro, tra l’esoterico e i bassifondi sociali, tutto nel tuo flusso la fa divenire incandescente e profana. Tra le tante anime che appartengono a Palermo qual è quella che più ha inciso nella tua formazione artistica?
Bhe tante…dal film Mary per Sempre ai primi film di Ciprì e Maresco, poi lo scrittore Antonio Pizzuto, ed un piccolo libero esoterico, il Principe Mago di Bent Parodi, e tanti tanti altri personaggi sconosciuti, ma immensi che solo chi ha vissuto a Palermo può aver incontrato, nel contemporaneo purtroppo gli intellettuali palermitani, sono assenti, sono deludenti, e stupidi, neanche venduti, proprio ritardati, direi down, con
tutto il rispetto per questa splendida condizione e non malattia.
Solo alcune pagine del libro sono impaginate come le altre, il lettore è spesso tramortito da una grafica tendente allo psichedelico, con simbologie tese tra il massonico e le schermate dei più utilizzati programmi informatici e/o dei social network. Perché scrivere un libro con questo sfondo grafico che muta continuamente?
Bhe io sono un artista e volevo che le parole si mixassero a segni, inerenti, ma anche contrastanti, i ragazzi di Gog poi mi hanno stimolato molto, ed hanno fatto loro il resto, e l’effetto è molto potente, come piace a me.
Per chiudere, quali sono le letture che più hanno influenzato la tua arte poliedrica?
Bhe sono segreti del mestiere, ci sono una miriade di citazioni concettuali, nel libro, di molte cose che ho letto in questi anni, elencarle è impossibile, diciamo che amo molto il complottismo sul web, perché mi diverte, la letteratura profetica, e la bibbia, oltre che la massoneria, e la demonologia, sono territori a metà tra il fantastico ed il reale, è una zona d’ombra che mi affascina molto, il mio libro ha le sue radici lì, ma fondamentalmente, sembrerà un controsenso, ma è un libro molto cristiano, le basi sono quelle del pensiero occidentale.
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