Avevamo già avuto il piacere e l’onore di intervistare Marco Lupis lo scorso anno sul suo libro I Cannibali di Mao vincitore del premio “Città di Como 2019” come miglior libro di giornalismo di viaggio. Corrispondente per quasi venticinque anni dall’Asia per le più importanti testate giornalistiche italiane, ha vissuto la maggior parte del suo tempo in oriente a Hong Kong, città-stato che reputa la sua casa e luogo dell’anima. Leggendo il suo ultimo libro Hong Kong. Racconto di una città sospesa, appena pubblicato da Il Mulino, si comprende a fondo la passione viscerale dell’autore per questa città sospesa tra l’aplomb british e il nuovo comunismo capitalista cinese. Un testo fascinoso, ricco, pieno di storie urbane che solo chi ama a fondo un luogo può avere l’ardore di descrivere così euforicamente. Un libro che ci fa conoscere a fondo una città magica, un unicum urbano senza altri eguali al mondo, dalle storie delle divinità locali all’aristocrazie delle ville sul Peak, dal degrado della city of darkness ai cimiteri verticali, dalle guerre dell’oppio alle recenti rivolte in nome della democrazia, da Bruce Lee alla Sars, dalla Cathay Pacific ai serial killer locali, dai tifoni che deturpano tutto ai grattacieli che impongono il potere finanziario.
Penna magnetica quella di Lupis, che tiene il lettore ipnotizzato mentre sfoglia le pagine che lo trascinano lontano, facendogli sentire sul corpo l’umidità hongkonghina e i suoi panorami emozionanti, sospesi tra un’orizzonte di infinite isole e una baia piena di barche e navi cargo mentre su Kowloon svetta uno degli skyline più adrenalinici del globo. Libro da leggere per continuare a viaggiare in questi tempi difficili, libro da leggere per capire che la scrittura di viaggio è ricerca, approfondimento, comprensione degli eventi socio- politici e passione per le tradizioni locali. Non potevamo fare a meno di intervistarlo, buona lettura!
Cosa hanno rappresentato le reclamations (l’interamento di vaste aree di mare per aumentare la superficie edificabile) per la struttura urbana di Hong Kong?
Sottrarre terra al mare per renderla poi edificabile è una vera e propria ossessione per la città di Hong Kong. La motivazione ufficiale di questa frenesia è sempre stata quella per cui Hong Kong ha un territorio non molto esteso, e soprattutto dove è difficile trovare terreno adatto alle costruzioni. Questa, in realtà, poteva essere una motivazione valida fino a diversi decenni orsono, ma secondo me non è più valida oggi. In realtà l’area di Hong Kong, che comprende un territorio formato da grandi e piccole isole e dalla terraferma relativamente vasta della penisola di Kowloon e poi dei Nuovi Territori, verso il confine con la Cina, possiede moltissime aree verdi e non abitate. Dove si potrebbe costruire. Alcune tra queste aree, specie quelle poste sui versanti della montagna che sta al centro della grande isola di Victoria, the Peak, sono formate da terreni poco stabili, franosi. E infatti, nel passato, Hong Kong è stata funestata da grandi tragedie dovute appunto alla frane, perché su questi terreni si costruivano vere e proprie baraccopoli che poi, sottoposte al dilavamento costante delle piogge torrenziali, specie durante i disastrosi tifoni tropicali, precipitavano a valle trascinando con sé ogni cosa, vite umane comprese. Oggi, però le conoscenze tecnologiche dell’edilizia moderna consentono di costruire in sicurezza anche su questi terreni, dunque temo che l’insistenza con la quale ad Hong Kong si continua a sottrarre terra al mare per costruire, sia più che altro una forma di “sfida” costante alla natura. Un modo per affermare la supremazia dell’uomo sulle forze avverse, insomma. Un fatto simbolico, ormai, più che una vera necessità.
Cos’è il feng shui e perché è così importante nella vita degli hongkonghesi?
In verità il feng shui è una disciplina cara ai cinesi in generale, non soltanto a quelli che vivono a Hong Kong. Il feng shui (che tradotto alla lettera significa acqua-vento) si pratica con uno strumento simile a un compasso con otto antiche rappresentazioni della natura e dei suoi elementi – cielo, acqua (l’oceano), fuoco, tuono, vento, acqua (la pioggia), colline e terra. Questi elementi rappresentano a loro volta otto animali (cavallo, capra, fagiano, drago, pollo, maiale, cane e bue). Questa antica “scienza” si basa sul principio del ch’i, lo spirito o respiro che anima lo yin e lo yang, gli elementi femminile-passivo e maschile-attivo. Il compito del geomante del feng shui è di mettere a confronto tutti questi fattori per fare una predizione positiva. Forse non tutti i non-cinesi di Hong Kong credono vera-mente nel feng shui, ma di certo nessuno si sognerebbe di far finta di nulla al riguardo, ancora oggi.
1° luglio 1997, Hong Kong torna alla Cina. A distanza di quasi un quarto di secolo come si è metabollizata la cessione nell’anima della città?
All’inizio, all’epoca del passaggio alla Cina (ricordo bene quei giorni perché, come racconto nel libro, io c’ero) sembrò che nulla fosse cambiato. Una sorta di cambio “gattopardesco”: “perché tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi”. Piano piano però le cose mutavano, ma ci vollero più di vent’anni perché le cose precipitassero. La città rappresentava un baluardo della democrazia e dei diritti – scontati in occidente, ma non in Cina – ormai posta all’interno stesso della Cina, che intanto diventava sempre più autoritaria, oppressiva e assertiva. Così si è arrivati alle manifestazioni oceaniche anticinesi dell’estate 2019 e poi alla repressione feroce di Pechino, che imponendo la legge detta “della Sicurezza Nazionale”, ha posto fine, con diversi decenni di anticipo rispetto alla data del 2048 fissata dai trattati, alla semi-autonomia di Hong Kong. Fine dei giochi, almeno per adesso. Vedremo in futuro.
Città d’acqua e città verticale, come combaciano questi due elementi, così contrapposti, nello stesso luogo?
L’area che ricade nei confini di quella che si potrebbe definire una “città-Stato” – oppure, volendo fare un paragone con l’Italia, una “città metropolitana” – è estremamente articolata e geograficamente frammentata, composta in maggioranza da isole e da una vasta
penisola, estrema propaggine del territorio cinese che si protende nel vasto Delta del Fiume delle Perle. Verticalità e rapporto con l’acqua – che è un elemento orizzontale per sua natura – convivono e si arricchiscono in una sorta di “danza degli opposti” che è parte fondamentale dello straordinario fascino della città. A Hong Kong ci sono probabilmente più ascensori che in qualsiasi altra metropoli e, del resto, la sua verticalità è sicuramente l’elemento che più colpisce chi vi arriva per la prima volta; senza dubbio il più appariscente. Ma accanto a questo elemento, insieme a questo elemento, vive il suo rapporto col mare. Se si considera la superficie del mare compresa nel territorio di Hong Kong, l’area complessiva del suo territorio, coperta dalle acque, raggiunge i 2.755 chilometri quadrati. Ed ecco che allora emerge il dato più inaspettato: Hong Kong è formata in maggioranza da acqua. Quasi il settanta per cento dell’area della Città – il 68 per cento, per essere precisi, pari a 1.648 chilometri quadrati – è occupato dal mare. Nel quale trovano posto quasi 300 isole…. Hong Kong, in realtà, non è (soltanto) una città, è un arcipelago di isole. E nel mio libro ho cercato di svelare al lettore anche questo che – secondo me – è l’aspetto più straordinario, ciò che la rende unica al Mondo.
Come si amalgama Hong Kong nella Cina di oggi?
Direi che, per ora, non si amalgama per nulla. Resiste…
Per chiudere, pensi che la tipologia di scrittura del tuo libro possa essere una nuova maniera di intendere le guide turistiche in futuro?
Mi piacerebbe. Io l’ho pensato e scritto anche come una possibile guida “colta” alla visita della città, proponendo con precisione vie, itinerari e storie che il viaggiatore attento può ripercorrere. Magari con, in una mano, una guida turistica tradizionale, e nell’altra, il mio libro. Me lo auguro.
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